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a cura di E. Campiani, F. Foglini, A. Kruss e F. Madricardo
Schema delle principali cartelle di lavoro dedicate ai prodotti del processing dei dati batimetrici.
Per realizzare il processing dei dati batimetrici si utilizzerà il software CARIS Hips & Sips 7.1. I progetti CARIS saranno creati nella cartella PROGETTI_CARIS\HDCS_Data
e il nome del progetto sarà quello della settimana di acquisizione secondo lo schema 01_WEEK_14052013, 02_WEEK_20052013 ecc.
I prodotti (immagini, txt, ascii, grid, mosaici di backscatter, shapefile) derivati dal progetto CARIS, sia in fase di preprocessing che in fase di postprocessing, saranno salvati nelle cartelle relative, sempre suddivisi per settimana di acquisizione:
N.B. Creare progetti CARIS comporta una enorme quantità di spazio disco, è dunque probabile che si debba lavorare in locale perché da server il processing potrebbe risultare lento e discontinuo se la connessione non è abbastanza veloce. In questo caso si copierà, dalla directory dal server ACQUIZIONE_LAGUNA\RAW_DATA
in locale, la cartella della settimana di acquisizione che si deve processare: ad es. 01_WEEK_14052013 che conterrà, suddivisi per giornata di acquisizione, i dati .all da importare in CARIS. Il progetto CARIS si creerà poi, in locale, nella cartella C:\CARIS\HIPS(x64)\71\HDCS_Data
. Una volta terminato si ricopierà sul server.
Da CARIS HIPS and SIPS → File → New → Project si apre il wizard New Project. Se si lavora in locale la cartella dove si salvano i progetti si chiama Default, se non si usa quella bisogna creare la connessione al server o alla directory locale con il tasto destro del mouse sulla finestra della figura sotto, si sceglieranno così la directory e un nome da attribuirgli (in questo caso HDCS_DATA).
Step 1: con il tasto Add Project creare il progetto dandogli come nome il numero della settimana e la data di inizio (es. 01_WEEK_14052013). Con il tasto Add Vessel caricare il vessel. Si evidenzierà così sotto il nome del progetto appena creato un’icona a forma di nave. Il vessel verrà editato appositamente e sarà contenuto nella cartella VesselConfig (2040, 2040new, LITUS2040new), se si lavora in locale si dovrà copiare dal server.
Con il tasto Add Day creare i giorni scegliendo la data (giorno, mese, anno) dal calendario, poi premere INVIO e passare al giorno successivo, così per tutti i giorni di rilievo (i giorni, espressi in calendario giuliano, saranno in realtà cartelle che conterranno le linee acquisite in nave importate in formato Caris).
Step 2: Description (inserire nome processatore e quanto utile da commentare).
Step3: assicurarsi che sia selezionata l’opzione Select UTM zone automatically.
Step 4: default.
Creato il contenitore del progetto, si dovranno ora importare i dati.
Da CARIS HIPS and SIPS → File → Import → Conversion Wizard: si aprirà il wizard che permette di importare e convertire i dati raw acquisiti in nave. Nello Step 1 si sceglierà il formato SIMRAD.
Lasciare lo Step 2 come in figura.
Nello Step 3, in alto ci dovrà essere scritto RawData e con Select si dovrà andare nella directory dove sono i dati relativi al giorno di acquisizione che si vuole importare e si dovranno selezionare i file .all.
Step 4: si selezionerà il giorno creato in precedenza; Step 5: in Cordinate Type selezionare Geographic; Step 6: Default; Step 7: flaggare Convert Side Scan/ Backscatter per importare anche il dato di backscatter; Step 8: premere Convert per iniziare a convertire i dati raw .all in formato CARIS.
L’operazione di conversione può durare a lungo (minuti o decine di minuti se le linee sono molte e pesanti), quando questa è completata la finestra del wizard non si chiude ma permette di ricominciare il processo di importazione per i giorni successivi.
Terminato il processo di conversione, si dovrà aprire il progetto: File →Open Project.
Nella schermata centrale compariranno una serie di linee blu (Ship Track Lines).
Le linee vanno selezionate (colore della linea giallo), si procede così al caricamento del file di marea LOAD TIDE e al MERGE, entrambi nel menu Process o dalle icone nella barra relativa. Eseguito il MERGE le linee appariranno di colore verde.
Dal menu Process scegliere New Field Sheet, seguire gli steps del wizard digitando in 1 il nome del Fielsheet e scegliendo la directory in cui salvarlo, in 2 il sistema di coordinate di riferimento e in 3 disegnando con lo strumento apposito l’area di lavoro, comprendendo tutte le linee; in alternativa si possono creare più Field Sheets per avere aree di lavoro più piccole.
Nel tab Layer della finestra Control appariranno le icone dei Field Sheets (01_WEEK e 01_WEEK_SUD) appena creati, posizionare sopra mouse e col tasto destro scegliere New > Base Surface oppure da Process> Base Surface>New.
I BaseSurface appena creati si esporteranno subito in BaseSurface_to_ASCII_preproc e si esporteranno dopo il processing in BaseSurface_to_ASCII_postproc (vedere in ESPORTARE FILE DI TESTO E IMMAGINI DEL BASE SURFACE)
Seguire gli steps del wizard: in 1 dare un nome alla superficie, in 2 selezionare Single e definire la risoluzione della superficie che si vuole ottenere 0.5 m, 1m, 2m ecc., in 3 lasciare le opzioni di default. CARIS calcolerà la superficie sulla quale si andranno a cancellare, dove possibile, il rumore di acquisizione o eventuali spike. Per evidenziare la superficie aggiornare la schermata cliccando sopra con il mouse.
Posizionandosi con il mouse sull’attributo Depth del Base Surface nella finestra delle Properties,
compariranno le proprietà della superficie (figura sotto): si può variare l’esagerazione verticale per
evidenziare meglio la morfologia (nell’esempio Vertical=10).
PROCESSING: COME USARE IL SUBSET EDITOR Il SUBSET EDITOR è lo strumento più semplice e veloce per processare il dato batimetrico all’interno di CARIS. Per aprire la barra del Subset Editor cliccare l’icona 1 marcata nella figura sotto oppure dal menu Tools>Subset editor>Open; con il mouse disegnare sopra alla superficie un rettangolo, si apriranno due finestre, una visione 2D e una visione 3D, in cui comparirà il dato che va caricato con l’icona 2 oppure dal menu Tools>Subset editor>Load.
1
2
Con gli strumenti Select by range o Select by lasso si andrà sulla vista 2D, in cui è rappresentato in sezione il dato batimetrico compreso nella slice gialla del rettangolo disegnato, a cancellare gli spikes e il rumore di acquisizione. Spostando il rettangolo sulla superficie, il sistema chiede se si vogliono salvare i cambiamenti, cliccare Sì e procedere a pulire una zona nuova.
ESPORTARE FILE DI TESTO E IMMAGINI DEL BASE SURFACE I BaseSurface appena creati si esporteranno subito in BaseSurface_to_ASCII_preproc e si esporteranno, dopo il processing, in BaseSurface_to_ASCII_postproc seguendo lo schema della figura sotto.
Per esportare il Base Surface come file di testo .txt, aprire l’Export wizard da File e seguire i vari steps come da figure.
Per esportare il Base Surface come immagine, aprire l’Export wizard da File, scegliere Base surface To Image e seguire i vari steps come da figure.
CREARE LE GEOBAR CON IL DATO DI BACKSCATTER Per processare i dati di backscatter si utilizza la Geocoder Engine che ha delle routine ottimizzate per i dati multibeam, come delle correzione automatiche del gain che sono utili per normalizzare i dati da tipi di sonar con settaggi di acquisizione variabili, o come anche la correzione automatica per la pendenza propria della batimetria multibeam. I dati di backscatter si possono elaborare solo dopo aver convertito i raw data nel formato di Caris, dopo che si sono applicate tutte le correzioni (navigazione, marea etc.) e dopo che si è fatto il Merge. Per ottenere un buon risultato dal dato di backscatter, in modo da ridurre gli errori di sistema e gli artefatti legati a morfologia e sedimento, si usa fare la Patch Test Line che si utilizzerà per creare il Beam Pattern Correction File (*.bpt) ovvero la correzione dovuta alla forma particolare del fascio (beam pattern) propria di ogni strumento. Il tentativo di correzione del beam pattern eseguiti sui dati acquisiti nel delta del Po non hanno dato però risultati incoraggianti. La GeoBar creata senza la beam pattern correction presenta un’errore di intensità in corrispondenza del nadir. Tuttavia quando si applica la beam pattern correction, ottenuta a partire da una linea eseguita in un tratto pianeggiante in un’area prevalentemente sabbiosa, il risultato non è soddisfacente: il problema al nadir non c’è più, si distinguono più difficilmente le aree con backscatter diverso e in compenso si hanno due aree più scure artificiali lungo tutta la GeoBar. Anche se di seguito si descrive la procedura al punto 1, per il momento si tralascia la correzione del beam pattern e si procede come al punto 2. Aprire il Mosaic Editor con l’icona relativa (1), oppure da Tools>Mosaic editor>Open, compariranno due barre di strumenti: il Mosaic Editor e il Beam Pattern. Si aprirà anche il tab Mosaic Editor nella finestra Control (riquadro azzurro) dove andranno settati alcuni parametri come in figura.
1 – Creare le GeoBar con la Beam pattern Correction Selezionare una linea in una zona che sia batimetricamente omogenea, creare la prima GeoBar cliccando l’icona 2 della barra Mosaic Editor. Nel Create GeoBar nominare il file PatchTest_%l_%r (%l aggiunge in automatico il nome della linea, %r la risoluzione), impostare la Resolution uguale al Base Surface, in Advanced si può eventualmente variare l’angolo, cioè la larghezza dello swath, nel caso che le parti laterali esterne siano molto rumorose, e il range di intensità. Cliccare Create.
1 2
AVG Window Size = 300
La Patch Test Line GeoBar si caricherà nella schermata e si dovrà selezionare, tenendo premuta la freccia in giù della tastiera del computer, una porzione di linea il più possibile omogenea. Premere la prima icona della barra Beam Pattern (figura sotto) e salvare il file .bpt nella directory del Fiel Sheet su cui si sta lavorando.
Nella finestra Control selezionare Beam Pattern Correction e con il browser caricare il file .bpt appena creato.
2 – Creare le GeoBar senza la Beam pattern Correction Selezionare tutte o una parte di linee, cliccare sulla prima icona della barra del Mosaic Editor. Nel Create GeoBar nominare il file GB01_%l_%r, cliccare Create.
Le GeoBar compariranno nella finestra Control e selezionando Intensity si potrà vedere, nella finestra delle Properties, il range dei valori massimo e minimo che si potrà variare per rendere il colore e l’aspetto delle GeoBar migliore, nel caso fossere troppo scure o chiare. E’ possibile uniformare gli istogrammi di tutte le Geobars per renderli più omogenei (ciascuna infatti viene creata con una scala diversa). Si può inoltre invertire l’ordine delle varie linee.
CREARE IL MOSAICO DELLE GEOBAR Le GeoBar si possono mosaicare con il tasto Create Mosaic della barra Mosaic Editor o andando su Tools > Mosaic Editor > Create Mosaic. Si procede come per la creazione delle GeoBar, ma dato che ogni geobar ha una scala di intensità diversa prima di creare il mosaico usare l’icona “Adjust histogram” (nel riquadro blu in figura) in modo da uniformare la scala dell’intensità.
Il mosaico creato comparirà nella finestra Control, all’interno del FieldSheet (per fare il mosaico infatti è necessario creare un foglio di lavoro che andrà poi selezionato, assicurandosi che sia attivo). Come per le GeoBar, selezionando Intensity, si potranno variare i valori massimo e minimo nella finestra Properties.
Uscire dal Mosaic Editor ricliccando l’icona relativa.
ESPORTARE FILE DI TESTO E IMMAGINI DEL MOSAICO Le GeoBar e i Mosaici si possono esportare sia come file di testo che come immagini. Aprire l’Export wizard da File, scegliere Mosaic To ASCII e seguire i vari steps come da figure.
Aprire l’Export wizard da File, scegliere Mosaic To Image e seguire i vari steps come da figure.
ESPORTARE LA NAVIGAZIONE Per esportare la navigazione del rilievo multibeam, cioè le tracce delle linee acquisite, si apre l’Export Wizard e si sceglie HIPS to CARIS MAp. Seguire i vari steps come da figure.
Nello step 2 selezionare il progetto, step 3 come da figura, step 4 selezionare Export Track Lines e scegliere SHIPTRACK in Ship Feature Code.
Nello step 5 scegliere la cartella di destinazione, nominare il file (NAV_01_WEEK_first12), in Caris Source
mettere dal menu a tenda Line Name e selezionare First 12 Characters. In questo modo il nome della linea
verrà salvato con solo i primi dodici caratteri. I nome delle linee sono molto lunghi (generalmente 20-24
caratteri) e CARIS non può esportarli interi.
N.B: il processo di esportazione sarà da ripetere nello stesso modo selezionando Last 12 Character e nominando il file NAV_01_WEEK_last12.des
L’Export HIPS to Caris Map crea così due file .des, uno per i primi 12 caratteri l’altro per gli ultimi 12 caratteri; questi sono i file che si convertiranno in .shp (shapefile) con l’applicazione CARIS Conversion Utility 2.0.
Aprire l’applicazione CARIS Conversion Utility 2.0.
Cercare con il browser la directory dove sono contenuti i file .des appena creati, cliccare su New e seguire i
vari steps come da figure.
File .des
Nello step 5-Layer Mappings, cliccare Add, si aprirerà una seconda finestra, nello step 1 si sceglierà la
geometria del dato, in questo caso Line, si darà un nome allo shapefile da creare (NAV_01_WEEK_first12),
la Feature sarà SHIPTRACK.
Nello step 2, il name della feature comparirà già nel menu a tenda, gli attributi possono essere aggiunti o eliminati, lasciare così. Nello step 3 scegliere 2D. Nello step 4 abilitare tutti i Value Mapping cliccando su ognuno. Cliccare su Fine qui e nella finestra finale.
Questo processo di conversione va ripetuto, nella stesso modo, anche per il file .des chiamato
NAV_01_WEEK_last12. Risulteranno così due shapefile identici che si possono caricare in ArcGIS, che
avranno però, nel campo dell’attributo Source, il primo il nome con i primi 12 caratteri e il secondo il nome
con gli ultimi 12 caratteri.
Si terrà uno solo dei due shapefile dopo aver sistemato il nome della linea.
PASSAGGIO DEI FILE TXT DI CARIS DA GLOBAL MAPPER A ARCGIS Per creare un grid di ArcGIS dai file di testo dei BASE SURFACE esportati da CARIS è necessario passare dal software GLOBAL MAPPER. Trascinare il file dalla cartella alla schermata aperta di GM, si aprirà la finestra della figura sotto, selezionare Elevation Grid 3D Point Data e lasciare le altre opzioni come in figura.
Si aprirà una seconda finestra Elevation Grid Creation Option, settare come nella figura sotto e premere OK in entrambe.
Il software caricherà il file di testo, si aprirà una terza finestra dove si devono selezionare le coordinate di riferimento (UTM, zona 33, datum WGS84).
Comparirà la superficie batimetrica, a questo punto si dovrà aprire, con l’icona che rappresenta il computer (figura sotto), l’Overlay Control Center. Cliccare due volte con il mouse sul nome della superficie appena
caricata, si aprirà la finestra delle Elevation Options, settare lo Scale Factor a -1 e premere OK: in questo
modo si trasforma il valore dell’elevazione in negativo cioè in profondità, infatti CARIS esporta
l’informazione con valore positivo.
Dal menu File>Export Raster and Elevation Data>Export Arc ASCII Grid, si apre la finestra Arc ASCII Grid Export Options settarla come nella figura sotto, nominare e salvare il file nell’apposita cartella.
Aprire l’applicazione ArcMap di ArcGIS: il software apre un browser, scegliere My Templates>Blank Map.
Aprire lo strumento e seguire il percorso ArcToolBox>Conversion Tools>To Raster>ASCII to Raster. Nella
finestra caricare usando il browser il file di input (il file generato da Global Mapper che avrà estensione
.asc) e dare un nome al file che si andrà a creare in Output raster. Scegliere FLOAT in Output data type.
Cliccare OK, il software caricherà automaticamente il nuovo raster nella Table of Contents dove saranno visualizzati, a fianco della palette di colori della legenda, i valori massimi e minimi della profondità.
Il tool Hillshade di ArcGIS crea uno shaded relief dal grid che considera l’angolo della sorgente di illuminazione, le ombre e il fattore di scala verticale. Dallo strumento ArcToolBox scegliere il seguente percorso: Spatial Analyst Tools>Surface>Hillshade. Si aprirà la finestra della figura sotto dove si dovrà inserire il file di imput, il nome e la localizzazione del file di output e un fattore di esagerazione verticale in Zfactor, se il rilievo è minimo e si vuole mettere in evidenza la morfologia meglio scegliere 10, Azimuth e Altitude di default.
Cliccando OK il software genera l’hillshade che andrà posizionato sotto il grid a cui va data trasparenza almento al 50% (tasto destro sul grid per aprire le Properties che contengono vari tab tra cui Display dove si settano trasparenza, contrasto ecc., e Symbology dove si scelgono le palette di colori con cui rappresentare il DTM).
EDITING DEI LIMITI DELLE AREE DI ACQUISIZIONE E’ possibile disegnare i perimetri delle aree di acquisizione in due modi. Si consiglia di usare il metodo 1 più veloce e preciso del metodo 2. METODO 1: Aprire l’ArcToolBox Reclassify da Spatial Analyst Tools>Reclass>Reclassify, scegliere in Imput raster il grid del rilievo, scegliere Value in Reclass field, cliccare su Classify e nella finestra che si apre mettere in Classes il valore 1, in questo modo si riclassifica il raster in base ad un solo valore.
METODO 2: è necessario creare uno shapefile poligonale vuoto. Aprire, dall’icona in barra, l’applicazione Arc Catalog di ArcGIS, posizionarsi sulla cartella che conterrà la feature col mouse, tasto destro New>Shapefile.
Compare una finestra dove si dovrà digitare il nome dello shapefile, scegliere la geometria, in questo caso Polygon e il sistema di coordinate di riferimento (UTM, zone 33, datum WGS84). Cliccare OK, nella Table of Contents si caricherà la feature appena creata.
Posizionarsi col mouse sulla feature nella Table of Contents, tasto destro Edit Features>Start Editing.
Aprire la finestra Create Features con l’icona nella barra dell’Editing, posizionarsi sul nome della feature per attivare l’editing e scegliere Polygon, il cursore diverrà un crocino che serve per digitalizzare i limiti del poligono.
Disegnare i vertici e fare doppio clic per chiudere il poligono e completarlo.
In Editor salvare e chiudere l’editing. Nel caso l’acquisizione non sia spazialmente continua si disegneranno più poligoni.
Appendice 1 - PROBLEMATICHE LEGATE ALLA VELOCITA' DEL SUONO 1.1 IMPORTANZA DELLA VELOCITA' DEL SUONO L'accuratezza di un rilievo morfobatimetrico eseguito con un sistema multibeam dipende, oltre che dalla corretta istallazione della strumentazione, anche dalla nostra conoscenza della velocità del suono sia in prossimità dei trasduttori che lungo tutta la colonna d'acqua. La misura della velocità del suono in prossimità dei trasduttori serve per la corretta formazione del fascio emesso dal multibeam e per una corretta ricezione del segnale (beam steering), mentre conoscere il profilo di velocità è fondamentale per poter ricostruire il reale percorso dell'onda acustica nell'acqua (ray tracing)( Beaudoin and Hughes Clarke, 2004). Errori nella determinazioni di tali velocità comportano errori sistematici nella profondità. In una situazione ideale entrambe le quantità sono misurate con una grande risoluzione spaziale e temporale in modo da poter render conto dei cambiamenti durante l'acquisizione dei dati.
1.2 RAY-TRACING La velocità del suono dipende dalla temperatura, dalla salinità e dalla profondità (ovvero dalla pressione idrostatica) allo stesso tempo. Tuttavia si può in prima approssimazione considerare che la massa d'acqua sia stratificata orizzontalmente e che la colonna d'acqua si possa dunque segmentare in tratti a velocità del suono costante. Il cambio di velocità del suono tra i due strati determina una riflessione speculare dell'onda all'interno del primo strato e la rifrazione dell'onda nel secondo strato secondo la legge di Snell-Descartes: ,
Figura 1-1. Rifrazione e riflessione di un'onda piana dovuta al cambiamento di velocità del suono all'interfaccia (da Lurton 2002).
dove
e
,
sono
rispettivamente
l'angolo
di
incidenza
e
di
rifrazione,
e
le velocità del suono nei due strati. Tale schematizzazione può essere applicata ad una serie di strati a velocità costante e può essere usata per descrivere il comportamento di un'onda che si propaga in un mezzo a velocità non costante lungo la coordinata z (figura 2-2).
Figura 1-2. Rifrazione di un'onda acustica con un cambiamento discontinuo (sinistra) e continuo (destra) della velocità del suono con la profondità. (da Lurton 2002).
Grazie all'acustica geometrica si può modellare il campo acustico come un insieme di percorsi o raggi (rays) che seguono i principi di base seguenti: - la rifrazione della direzione di propagazione dovuta ai cambiamenti della velocità acustica in accordo con la legge di Snell-Descartes; - si ha riflessione speculare alle interfacce; - le perdite di intensità lungo i raggi sono dovute alla divergenza geometrica, all'assorbimento lungo i raggi e alla riflessione alle interfacce. In generale, grazie ad algoritmi che si basano su questi semplici principi geometrici, è possibile ricostruire i percorsi acustici anche nel caso di variazioni di velocità molto complesse. Questi algoritmi sono detti anche algoritmi di ray-tracing e servono a calcolare il percorso delle onde acustiche tenendo conto della stratificazione dell’acqua.
1.3 PROBLEMATICHE SUL DELTA DEL PO Nel caso dei rilievi eseguiti in mare prossimità del delta del fiume Po a giugno 2013, si è riscontrata un'estrema variabilità della velocità del suono dovuta all'apporto di acqua dolce del fiume. Le condizioni erano tali, che nonostante la misura della velocità del suono in continuo (da 1 a 5 campionamenti al secondo) con a una sonda di velocità in prossimità dei trasduttori, e i ripetuti profili di velocità eseguiti i dati acquisiti presentano un errore evidente dovuto alla velocità del suono. In figura 2-3 sono riportati due profili di velocità acquisiti a distanza di dieci minuti uno dall'altro. Entrambi i profili presentano un forte gradiente di velocità nel primo metro e mezzo di profondità evidenziando la presenza di uno strato di acqua dolce in superficie. Sebbene i due profili siano stati acquisiti a breve distanza spaziale e temporale si nota una grande variabilità e una diversa stratificazione.
Figura 1-3. Variabilità del profilo di velocità del suono i prossimità del canale principale (svp acquisiti a distanza di 13 minuti)
Dal momento che gli errori dovuti alla rifrazione sono più grandi nelle parti esterne dello swath (beam laterali), si ha che lo swath ha una forma curva, o “smile”, (concava o convessa) dovuta alla errata velocità del suono. In figura 1-4 è riportata il grid batimetrico in prossimità dell'uscita principale del Po di Pila che abbiamo visto negli esempi precedenti.
Figura 1-4. Grid batimetrico acquisito con il sistema multibeam Kongsberg EM2040D-C il 21 giugno 2013 in prosimità del Po di Pila.
Nella figura successiva si vede un dettaglio di tale grid e una visualizzazione 2D di alcuni tracciati batimetrici consecutivi.
Figura 1-5. Visualizzazione 2D di sei survey lines consecutive acquisite il 21 giugno con il multibeam EM2040D-C in prossimità del Po di Pila.
Si vede chiaramente che i profili batimetrici presentano un errore sulla velocità del suono dato che hanno una forma concova.
1.4 CORREZIONE DELLA VELOCITA' DEL SUONO IN CARIS HIPS & SIPS Per correggere il problema del profilo della velocità del suono si può cercare di correggere i coefficienti di rifrazione applicandoli durante il processing e quindi procedere al re-ray-tracing, cioè al calcolo delle traiettorie delle onde acustiche tenendo conto dei nuovi valori di velocità del suono inseriti. 1) Refraction Editor In Caris, dopo aver selezionato una linea si può aprire il Tools> Swath Editor> Refraction Editor (figura 1-6). Il Refraction Editor permette di applicare una correzione della velocità del suono ad una linea ad una certa profondità da definire manualmente (di default le correzioni vengono applicate a 1 m di profondità) . Si possono modificare i valori fino a che non si raggiunge la correzione desiderata. Tali coefficienti sono poi salvati. In figura 1-7a e 1-7b si può vedere la forma dello swath di una delle linee considerate in figura 1-5 senza prima e dopo la correzione della velocità del suono. Successivamente alle linee modificate si deve applicare nuovamente Merge (e quindi ricalcolare la BASE surface) avendo cura di applicare i nuovi coefficienti di rifrazione.
In figura 1-8, infine, si può vedere il risultato della parziale correzione dei coefficienti di rifrazione nel caso
dell’area del Delta del Po che avevamo considerato in precedenza: le prime tre linee a destra sono state
corrette manualmente, mentre le altre linee non sono corrette.
Figura 1-6. Apertura del refraction editor.
Figura 1-7a. Refraction Editor – Aspetto dello swath prima della correzione dei coefficienti di rifrazione.
Figura 1-7b. Refraction Editor – Aspetto dello swath dopo la correzione dei coefficienti di rifrazione.
Figura 1-8. Risultato della parziale correzione della velocità del suono: le tre linee a sinistra sono corrette, mentre le altre a destra non lo sono.
Questa procedura di correzione richiede tempi molto lunghi dal momento che ogni linea va corretta, remergiata senza che il risultato del processing sia visibile prima di aver ricalcolato la BASE Surface.
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